Il fotografo di Auschwitz


Esce in questi giorni un libro dedicato al fotografo di Auschwitz, scritto dal mio amico Luca Crippa e da Maurizio Onnis per le Edizioni Piemme.

Il volume narra la storia poco conosciuta del fotografo ebreo Wilhelm Brasse, morto un anno fa, che  su ordine del comandante del campo fu obbligato a ritrarre tutti i nuovi arrivati per renderne più facile la successiva identificazione; fu costretto anche a riprendere gli “esperimenti” del famigerato Josef  Mengele.  Questo fatto gli salvò la vita e, malgrado il tentativo dei nazisti di distruggere le immagini, il suo lavoro fu prezioso per il successivo processo di Norimberga. Quei volti, quelle persone, quegli scatti di cui parla il libro sono lì a ricordarci quale orrore sia stata la Shoah.

Brasse dopo il ’45 cercò di riprendere l’attività di fotografo, ma capì subito che non ci sarebbe riuscito: “Ho visto in faccia la morte cinquantamila volte”,  ripeteva, e non scattò più fotografie.

vss